In mare come gli antichi

di Giampiero Marcello.

Come si orientavano in mare gli antichi? Una risposta ce la dà un’impresa rimasta unica. Il 21 dicembre 1982, il cutter Globe Star salpava da Cape May (New Jersey, U.S.A.) per circumnavigare gli oceani della Terra. Il suo capitano, Marvin Creamer, professore di geografia in pensione, si sarebbe orientato esclusivamente cercando nel cielo e nel mare i segni per mantenere la giusta rotta. Un’impresa allora ritenuta impossibile, ma portata a termine con successo e poco conosciuta.

Un tempo si riteneva che gli antichi navigatori non si allontanassero mai dalla costa. Essi scrutavano l’orizzonte alla ricerca di punti notevoli conosciuti – isole, promontori, monti e vulcani – che li guidassero per mantenere la rotta corretta. Passando da un riferimento a terra, visibile da mare, all’altro arrivavano a destinazione. Evitavano di avventurarsi in mare aperto, perché, così si sosteneva, dopo un po’ di tempo non sarebbero stati in grado di stabilire la loro esatta posizione e, quindi, mantenere la rotta.[1]

Questa tesi è stata del tutto accantonata dagli studiosi.[2] Purtroppo, la conoscenza di queste tecniche tradizionali di navigazione ci è pervenuta in modo frammentario attraverso le fonti storiche. In compenso, è stato dimostrato e documentato che gli antichi navigatori del Pacifico erano perfettamente in grado di muoversi nell’oceano, da un’isola all’altra, percorrendo in mare aperto centinaia di miglia sprovvisti di qualsiasi strumento di navigazione.[3]

Oggi è considerato certo che i marinai del Mediterraneo antico navigassero di giorno come di notte e affrontassero lunghe traversate in mare aperto. I navigatori greci e romani appresero a muoversi con sicurezza nell’Oceano Indiano, fino a che fu stabilito un intenso traffico commerciale regolare tra la provincia romana d’Egitto e l’India.[4]

Nato il 24 gennaio 1916, sin da ragazzo Marvin Creamer aveva riflettuto su come gli antichi avessero potuto navigare senza gli strumenti di orientamento moderni. Dopo aver fatto mille mestieri durante la grande crisi del 1929, aveva combattuto nella seconda guerra mondiale. Terminata la guerra, riprende gli studi e si laurea in geografia, la sua passione. Poco dopo diventa professore di geografia nel college statale di Glassboro (New Jersey), oggi Rowan University, nel quale alcuni anni prima aveva ottenuto il Bachelor of Science.

Gli anni di insegnamento sono per lui l’occasione per approfondire le conoscenze per orientarsi in mare senza strumenti. La passione per il mare gli consente di provare in pratica la validità dei suoi studi. Nel 1974, di ritorno dalle Azzorre sulla sua barca a vela, di notte è costretto a orientarsi con le stelle per un guasto all’illuminazione della bussola.

In quegli anni, Marvin Creamer matura l’idea di un giro intorno al mondo a vela senza l’uso di strumenti di navigazione. Espone il suo progetto, stimando di avere il 95% delle probabilità di portarlo a termine, ma chiunque lo ascolti lo prende semplicemente per pazzo.

Creamer non chiede a nessuna grande azienda o istituzione di sponsorizzare il suo progetto. Lo finanzierà, infatti, con le sue risorse personali. Come lui stesso avrebbe riconosciuto in seguito, questa sua decisione avrebbe limitato l’eco mediatica prodotta dalla sua impresa, che si sarebbe affievolita solo poco tempo dopo averla condotta a termine e che non avrebbe mai raggiunto il grande pubblico internazionale.

Considerata la meticolosità con cui Creamer pianifica il suo viaggio appare poco verosimile che si sia trattato di una decisione non ponderata. Non sappiamo se l’accoglienza incredula e scettica dei suoi interlocutori lo abbia scoraggiato dal chiedere una sponsorizzazione oppure se abbia valutato che nessuna impresa avrebbe volentieri associato la sua immagine a una iniziativa che, secondo il giudizio generale, si sarebbe conclusa tragicamente.

Una volta andato in pensione nel 1977, Creamer si prepara con scrupolo per la sua impresa. È un navigatore esperto, che ha già attraversato più volte l’Atlantico. Mette a punto le sue tecniche di navigazione attraversando l’Atlantico altre due volte senza l’uso di strumenti di navigazione. Si orienta di notte con le stelle e di giorno con il sole, il vento, le correnti e il moto ondoso, ma anche interpretando le informazioni offerte dal colore del mare, dalle forme di vita marine che avvista e dagli uccelli in volo.

Il 21 dicembre 1982, la sua imbarcazione, chiamata Globe Star, che ha fatto realizzare appositamente per il giro del mondo, salpa da Cape May nel New Jersey diretta a Città del Capo, in Sudafrica. Accompagnano Creamer due persone di equipaggio. L’equipaggio cambierà più volte; solo Creamer effettuerà l’intero viaggio di circumnavigazione della Terra. L’attraversamento dell’Atlantico richiede 100 giorni di navigazione percorrendo 7800 miglia. È la prima delle tappe che il Globe Star percorrerà per compiere il giro del mondo.

Sostituito uno dei compagni di viaggio, Creamer nella seconda tappa guida l’imbarcazione lungo la rotta da Città del Capo a Hobart, nell’isola australiana di Tasmania, percorrendo 6800 miglia in 77 giorni. Secondo il programma, il Globe Star avrebbe dovuto lasciare la Tasmania in direzione della costa cilena. In realtà, gli eventi prendono un’altra piega.

Partito da Hobart, l’equipaggio del Globe Star affronta alcuni dei momenti più difficili della navigazione nei mari tra l’Australia e la Nuova Zelanda, toccando terra ancora due volte in Australia, a Kiama e a Sydney, e in Nuova Zelanda a Whangaroa, percorrendo in totale circa 2000 miglia in 23 giorni. Durante questa impegnativa tappa intermedia, l’equipaggio della Globe Star cambia di nuovo: oltre all’avvicendamento previsto a Hobart, un membro dell’equipaggio sta male e deve essere sbarcato a terra a Sydney. Il sostituto si farà avanti inaspettatamente in Nuova Zelanda.

Marvin Creamer mostra la locandina del giornale della Tasmania ‘The Mercury’ che titola “Un marinaio naviga alla vecchia maniera”. Fonte: Globe Star Voyage.

Dalla Nuova Zelanda, Creamer e i suoi compagni partono per la terza lunga tappa, che li porterà direttamente a doppiare Capo Horn, saltando la tappa in Cile, e a raggiungere le isole Falkland: 5500 miglia in 53 giorni. Alle Falkland sono accolti come eroi, un po’ pazzi, dal personale della base militare britannica. Il quarto e ultimo tragitto dalle Falklands fino al punto di partenza a Cape May richiede 98 giorni di navigazione per superare 7400 miglia. Creamer capisce di essere vicino a casa quando una farfalla si posa sull’imbarcazione.[5]

Il Globe Star farà ritorno a Cape May il 17 maggio 1984 dopo aver circumnavigato il globo senza l’uso di alcun strumento di navigazione, ma esclusivamente grazie alle cognizioni astronomiche, geografiche e nautiche di Marvin Creamer. A bordo non vi era neppure un orologio! In mare come gli antichi, era sempre stato il suo sogno di una vita.

Creamer è accolto come in eroe all’arrivo. È insignito della prestigiosa Blue Water Medal, assegnata dal Crusing Club of America ai grandi navigatori per le loro imprese; prima di lui tra i premiati figurano Francis Chichester e Eric Tabarly. Naturalmente scrive un libro, ma nessun editore lo vuole pubblicare. Forse gli editori hanno ritenuto che durante il viaggio non sia accaduto nulla che possa colpire l’immaginazione dei lettori, nonostante qualche disavventura e alcune fasi difficili, anche drammatiche, della navigazione. Creamer e i suoi compagni sono sempre arrivati in porto sani e salvi come previsto. «It has been a jolly romp!», è stato un bel giochetto! scherza Marvin al termine della sua avventura con il Globe Star.

Il valore dell’impresa di Creamer dal punto di vista storico è immenso. Nessuno avrà più argomenti per sostenere che i marinai del mondo antico erano privi di tecniche nautiche adeguate per svolgere il commercio su lunghe distanze e su ampia scala. La nostra visione dei rapporti economici e culturali del monto antico cambia profondamente. Il Mediterraneo diventa un pezzo, importante ma non unico, forse neppure centrale, del grande puzzle che occorre comporre per comprendere la storia dell’umanità. Un mondo policentrico e integrato anche nell’antichità si delinea nella nostra immaginazione.

Il significato profondo dell’impresa è ben riassunto dallo stesso Marvin Creamer:[6]

What we demonstrated is that information taken from the sea and sky can be used for fairly safe navigation. How far pre-Columbians sailed on the world’s oceans we do not know; however, it is my hope that the Globe Star voyage will provide researchers with a basis for assuming that long-distance navigation without instruments is not only possible, but could have been done with a fair degree of confidence and accuracy.

Ciò che abbiamo dimostrato è che l’informazione attinta dal mare e dal cielo può essere utilizzata per navigare in modo ragionevolmente sicuro. Non sappiamo quanto lontano i marinai prima di Colombo navigarono negli oceani del mondo; tuttavia, spero che il viaggio della Globe Star fornisca ai ricercatori una base per ritenere che la navigazione su lunghe distanze senza strumenti non solo è possibile, ma può essere stata praticata con un buon grado di affidabilità e accuratezza.

Una sfida intellettuale perfettamente riuscita. Roba da professori! Chi si può appassionare a una storia così? Creamer non rispetta lo stereotipo che vuole lo studioso incapace di mettere in pratica i risultati dei propri studi, cui si contrappone il sapere pratico, quello sì efficace, del vero lupo di mare. Egli, invece, coniuga perfettamente le capacità del ricercatore a quelle di un esperto navigatore.

A testimonianza del viaggio rimangono i tre articoli scritti da Creamer per la rivista Crusing World, che lo ricorda dopo la morte, avvenuta a 104 anni il 12 agosto 2020. A chi aveva paragonato la sua impresa a quella del primo uomo sulla Luna, Creamer rispose con modestia e arguzia che quello di Armstrong era stato un passo da gigante in avanti per l’umanità, mentre il suo era stato un piccolo passo indietro.[7]

Approfondimenti

Eight Bells: Marvin Creamer, 1916-2020, di Jen Brett, ricordo dell’impresa pubblicato in occasione della morte del navigatore da parte della prestigiosa rivista nautica Cruising World. La rivista ha anche messo a disposizione del pubblico la stampa in PDF degli articoli che Marvin Creamer scrisse per raccontare il suo viaggio:

Globe Star Voyage, sito web in ricordo di Marvin Creamer e della sua impresa, con molte notizie e fotografie, realizzato da Ralph VanMeter Harvey, amico del navigatore. Una versione precedente di questo sito web è disponibile in Internet Archive. Da questo sito web sono state tratte molte delle informazione sulla base delle quali è stato scritto questo articolo.

La Rowan University, un tempo il Glassboro State College, nel quale Marvin Creamer aveva insegnato a lungo geografia, lo ricorda con una nota biografica e un approfondimento sul viaggio della Globe Star, che comprende una interessante cartina interattiva con le tappe del viaggio corredate da fotografie. La Rowan University ha raccolto il materiale documentario lasciato da Marvin Creamer, il cui catalogo è consultabile qui.

Hanno dedicato un necrologio in ricordo di Marvin Creamer importanti giornali come il quotidiano statunitense The New York Times e il settimanale britannico The Economist.

Note

1 Questa tesi è riportata, per esempio, da Angelo Solmi in un suo libro dedicato ai grandi navigatori e alle loro imprese. L’autore liquida la marineria antica in poche pagine nell’introduzione, per iniziare la trattazione delle grandi esplorazioni per mare nel Medioevo con i vichinghi. Solmi salva solo i fenici, gli unici, a suo parere, con pochi altri non specificati, in grado di orientarsi in mare aperto. Egli ritiene che neppure ai greci e ai romani sia possibile attribuire il titolo di ‘dominatori dei mari’ e di esploratori (si veda Solmi 1984, pp.11 e sgg.).

2 Ideale Capasso, autore di apprezzati manuali di navigazione adottati negli istituti tecnici nautici italiani, nelle scuole della Marina Militare italiana e a bordo, così afferma: «Scarse notizie ci sono giunte sui metodi usati dai popoli antichi nelle loro navigazioni, ma dobbiamo pensare che queste fossero condotte con la guida di nozioni e mezzi molto utili, se consentirono a quei naviganti di svolgere nei secoli una intensa attività marinara che spesso dovette compiersi in ampie zone di mare aperto.» Capasso 1994, p.1. Una trattazione ampia e approfondita della marineria antica è disponibile in Casson 2004 (l’opera originale di Casson è stata pubblicata nel 1959; la seconda edizione, su cui si basa la traduzione italiana, nel 1991). In italiano è disponibile anche il volume curato da Pietro Janni, con un’ampia selezione di passi riguardanti il mare e la navigazione tratti dagli autori antichi, pubblicato nel 1996.

3 Lewis 1994. La prima edizione dell’opera di David Lewis, in cui sono esposte le tecniche tradizionali di navigazione dei popoli del Pacifico, è stata pubblicata nel 1972.

4 Così si esprime Stefano Medas, autore di un’opera più recente sulla navigazione antica: «sebbene privi di bussola e di carte nautiche, (…) Fenici, Greci Cartaginesi e Romani navigarono regolarmente di giorno e di notte, affrontarono regolarmente i viaggi d’altura (non solo nel Mediterraneo!) e condussero spedizioni esplorative davvero straordinarie.» Medas 2004, pp.19-20. L’importanza per le finanze pubbliche dell’impero romano del traffico commerciale con l’India è studiata in dettaglio in McLaughlin 2018.

5 Per seguire il viaggio del Globe Star, la Rowan University ha realizzato una mappa interattiva, corredata di foto.

6 Fonte: Rowan University, Globestar Voyage, https://earth.rowan.edu/departments/geography/about/heritage/creamer/Globestar%20Voyage.html.

7 Fonte: Globe Star Voyage, https://globestar-voyage.org/.

Bibliografia

Capasso 1994: Ideale Capasso, Storia della nautica, Genova: Istituto Idrografico della Marina, 1994.

Casson 2004: Lionel Casson, Navi e marinai dell’antichità, Milano: Mursia, 2004.

Janni 1996: Pietro Janni, Il mare degli Antichi, Bari: Dedalo, 1996.

Lewis 1994: David Lewis, We, the Navigators. The Ancient Art of Landfinding in the Pacific, United States of America: University of Hawaii Press, 1994.

McLaughlin 2018: Raoul McLaughlin, The Roman Empire and the Indian Ocean, Great Britain: Pen & Sword, 2018.

Medas 2004: Stefano Medas, De rebus nauticibus. L’arte della navigazione nel mondo antico, Roma. L’Erma di Bretschneider, 2004.

Solmi 1984: Angelo Solmi, I conquistatori degli oceani. Dai vichinghi a Colombo e Magellano, Novara: Istituto Geografico De Agostini, 1984.