Cosa ci racconta il DNA degli abitanti di Roma antica

di Giampiero Marcello.

Gli studi più recenti sul patrimonio genetico degli antichi romani rivelano che la città di Roma era un crocevia genetico dell’Europa e del Mediterraneo.

La raccolta e lo studio del DNA dai resti umani antichi è una branca della genetica che ha compiuto importanti progressi negli ultimi anni. Da ciò che rimane del corpo di persone vissute molto tempo fa, quando si verificano condizioni particolari che permettono la conservazione del materiale genetico, gli scienziati sono in grado di comprendere quali erano le popolazioni da cui provenivano gli antenati di quelle persone. In alcuni casi gli studiosi sono in grado di stabilire anche la regione in cui quella persona era nata e vissuta durante l’infanzia. Il corpo umano è divenuto così come un libro da leggere per comprendere la storia delle popolazioni.

Rappresentazione animata del DNA. Da Wikimedia Commons.

Si può pensare così di capire dal DNA antico l’origine degli abitanti di un certo territorio durante un dato arco di tempo. Il caso di Roma, per esempio, è molto interessante. In origine un piccolo villaggio in riva al fiume Tevere, Roma si è ingrandita, arrivando a dominare un impero che comprendeva l’intero Mediterraneo e buona parte dell’Europa. Un impero che si stima fosse abitato da circa 70 milioni di persone. Chi erano i romani? Qual era la loro origine? Con quali popolazioni erano imparentati? In altri termini, in che rapporto era la popolazione della città di Roma con le popolazioni che abitavano nell’impero? Nel tempo, come è cambiata la provenienza degli abitanti della città?

A queste domande tenta di rispondere l’articolo “Ancient Rome: A genetic crossroads of Europe and the Mediterranean” pubblicato su Science. Gli studiosi hanno raccolto campioni di genoma tratti da 127 persone i cui resti sono stati rinvenuti in 29 siti archeologici situati nella città di Roma e nel territorio circostante, nel Lazio e nel vicino Abruzzo. I siti archeologici risalgono a diverse epoche, che vanno da 12.000 anni fa, quando gruppi di cacciatori-raccoglitori frequentavano la campagna dell’Italia centrale, fino all’unità d’Italia nel 1861. Le tecniche moderne, infatti, permettono agli studiosi di ricavare materiale genetico utile per le loro ricerche anche da resti umani scarsi e molto antichi.

Nella Grotta Continenza, nel territorio del comune di Trasacco (provincia de l’Aquila), sono stati rinvenuti i resti di tre individui vissuti tra il 10.000 e il 7.000 a.C., che vivevano cacciando, pescando e raccogliendo frutti e radici che crescevano spontaneamente in natura. È il periodo della preistoria chiamato mesolitico, l’età della pietra di mezzo, così detto perché è un periodo di transizione tra il paleolitico, età della pietra antica, quando l’uomo non conosce l’agricoltura, e il neolitico, l’età della pietra nuova, quando l’uomo ha iniziato a coltivare le piante e allevare gli animali, ma non ha ancora appreso a impiegare i metalli.

Il DNA di questi tre cacciatori-raccoglitori del mesolitico somiglia a quello dei cacciatori-raccoglitori che vivevano nel resto d’Europa. Pertanto, possiamo ragionevolmente supporre che i loro ‘colleghi’ che conducevano uno stile di vita simile nel vicino territorio laziale avessero anche un patrimonio genetico simile.

In Europa e nel Mediterraneo, tra il 9.000 e il 7.000 a.C., i cacciatori-raccoglitori vengono in contatto con i primi agricoltori provenienti dall’Oriente. In linea generale i due gruppi umani coesistono in spazi vicini, senza mescolarsi. Tuttavia, man mano che gli agricoltori crescono di numero e colonizzano nuovi spazi sottraendoli ai cacciatori-raccoglitori, alcuni tra questi si uniscono ai primi, generando una discendenza comune. Il contributo dei cacciatori-raccoglitori è modesto, in ragione del loro scarso numero: secondo gli studiosi essi contribuiscono per circa il 5% al patrimonio genetico degli agricoltori neolitici della penisola italiana.

Tra il 7.000 e il 6.000 a.C. i primi contadini arrivarono in Italia e nel Lazio, portando con sé frumento, orzo, legumi, ovini e bovini. Lo studio del DNA antico di dieci individui dell’Italia centrale che risalgono a quel periodo rivela che i primi agricoltori che si insediano in Europa provenivano dall’Anatolia (l’odierna Turchia) e dall’Iran.

La componente genetica derivante da antenati iraniani è più marcata in Italia che nel resto dell’Europa occidentale. L’apporto genetico di altre popolazioni durante la transizione neolitica rende perciò un po’ diversa la popolazione del Lazio rispetto al resto dell’Europa occidentale e più simile a popolazioni mediterranee, quali i sardi, con i quali condividevano la maggiore rilevanza della componente genetica degli agricoltori provenienti dall’Iran.

Nel DNA degli individui vissuti tra la fine del neolitico e l’età del rame, cioè tra il 5.000 e il 3.000 a.C., si nota che l’eredità genetica dei cacciatori-raccoglitori occidentali riprende un po’ del suo peso. Gli ‘irriducibili’, ancora dediti alla caccia e alla raccolta, abbandonano per sempre uno stile di vita millenario per fondersi con le comunità contadine, sempre più numerose e forti, che abbattevano le foreste per occupare ogni angolo della campagna con le loro coltivazioni e i loro animali.

Tra il 2.900 a.C. e il 900 a.C., che comprende l’età del bronzo, si verifica un altro cambiamento: arrivano in Europa popolazioni provenienti dal steppe situate tra il Mar Caspio e il Mar Nero. Nell’area mediterranea e, quindi, anche in Italia e nel territorio laziale, a questi si aggiungono popolazioni provenienti dal Vicino Oriente. L’invenzione della ruota permette la costruzione di carri, che facilitano gli spostamenti via terra; il perfezionamento delle imbarcazioni e delle tecniche di navigazione facilita il collegamento tra Mediterraneo orientale e Mediterraneo occidentale. Gli studiosi, però, non hanno la disponibilità di DNA del Lazio e dintorni risalente a questo periodo adatto per le loro indagini.

Dai resti di 127 individui appartenenti a diverse epoche e rinvenuti nell’area laziale e in aree vicine è stato estratto il DNA, che è stato studiato e confrontato con il DNA di popolazioni moderne dell’area euro-mediterranea. Gli individui antichi sono stati raggruppati sulla base dell’affinità genetica con le popolazioni moderne. Non sono presenti nel campione individui risalenti all’età del Bronzo (2900-900 a.C.). Immagine rielaborata sulla base dei dati tratti da “Ancient Rome: A genetic crossroads of Europe and the Mediterranean” pubblicato su Science, 8 novembre 2019.

Il periodo tra 900 a.C. e il 200 a.C. comprende l’età del ferro, la fondazione di Roma e il suo sviluppo fino al periodo repubblicano. Il DNA di undici individui mostra una grande variabilità tra i loro antenati, indizio di migrazioni da diverse regioni durante questo periodo. Etruschi e Latini non sembrano molto diversi geneticamente, avendo in comune caratteristiche delle popolazioni precedenti o contemporanee. Diversamente dall’età preistorica, il patrimonio genetico degli individui dell’età del ferro rassomiglia a quello di individui moderni dell’Europa e del Mediterraneo. Ciò è coerente con i collegamenti sempre più frequenti tra l’Italia centrale e le regioni lontane attraverso i commerci, l’arrivo di colonizzatori e i conflitti.

Roma diviene sempre più potente, creando un impero che abbraccia l’intero Mediterraneo e buona parte dell’Europa. La città si espande fino a superare un milione di abitanti. I commerci, le campagne militari e la fondazione di colonie, la messa in schiavitù dei popoli sconfitti comportano lo spostamento di tante persone da un capo all’altro dei territori che erano entrati a far parte dello stato romano. Il semplice fatto che un unico sistema di governo e di leggi regolino la vita delle comunità dell’impero facilita molto gli spostamenti. La città di Roma diviene luogo di residenza di persone provenienti da ogni parte. Da quali regioni, in particolare?

Festeggiamenti presso il Colosseo. Dipinto di Pablo Salinas, inizi del Novecento. Fonte: Wikimedia Commons.

Il risultato di questi spostamenti è un rimescolamento del patrimonio genetico della popolazione di Roma ed è riscontrabile nel DNA dei 48 individui di epoca imperiale analizzato dagli studiosi. Solo 2 su 48 sono vicini geneticamente agli europei. 31 su 48 appartengono a due gruppi che sono più vicini a popolazioni dell’Italia meridionale della Grecia, di Cipro e di Malta, mentre 13 su 48 hanno un patrimonio genetico che li accomuna a popolazioni del Vicino Oriente. Infine 2 su 48 sono portatori di caratteri genetici presenti in popolazioni nordafricane. Insomma, Roma era la New York del mondo antico e gli immigrati dall’Oriente fornivano un apporto fondamentale alla sua popolazione.

La tarda antichità è segnata dalla divisione dell’impero di due componenti, occidentale e orientale. Nel 324 d.C. l’imperatore Costantino trasferisce la capitale dell’impero in Oriente, in una città che prenderà il suo nome: Costantinopoli, l’attuale Istanbul. Nella parte occidentale le popolazioni di origine germanica divengono sempre più presenti, in virtù non solo di invasioni ma anche di accordi tra lo stato romano e i capi germanici. Sono di origine germanica una gran parte degli effettivi dell’esercito e, quindi, i loro capi sono più forti politicamente. Nel 476 d.C. uno di questi capi, Odoacre, depone l’imperatore d’Occidente, un ragazzo di nome Romolo Augustolo, e assume di fatto il potere in Italia.

Anche questi eventi lasciano una traccia nel libro del DNA dei resti umani di 24 individui risalenti alla tarda antichità nel Lazio e a Roma. Come in epoca imperiale, i romani sono discendenti di una grande varietà di popolazioni, tuttavia i loro antenati lasciano nel loro patrimonio genetico un’impronta europea, mentre si riduce la componente del mediterraneo orientale e scompare quella del Vicino Oriente.

Con il Medioevo e l’età moderna (all’incirca dal 700 al 1800), si verifica un ulteriore cambiamento. Nella popolazione dell’Italia centrale e di Roma il contributo genetico dell’Oriente si riduce moltissimo e la componente europea diviene largamente preponderante, pur rimanendo molto diversificata la provenienza degli antenati. Infatti, la presenza del papa, il capo della Chiesa cattolica, attira a Roma persone appartenenti a tutte le popolazioni europee.

L’anfiteatro di Tito, comunemente conosciuto come Colosseo, simbolo della Roma antica e moderna, in un’immagine tratta da un libro del 1598. Fonte: Wikimedia Commons.

Una conclusione importante di questo studio è che la popolazione che abita oggi in un territorio non è necessariamente simile geneticamente a quelle che in passato hanno vissuto nello stesso territorio. Le persone si spostano dal luogo di nascita, si stabiliscono anche molto lontano da esso e generano dei figli. La regola è lo spostamento, non il rimanere nello stesso luogo dove si è nati.

Ne consegue che proclamarsi discendenti degli antichi romani ha poco senso dal punto di vista genetico, dato che i romani moderni condividono con essi solo parte degli antenati. Tra l’antica Roma e oggi molta acqua è passata sotto i ponti sul Tevere e tante persone si sono stabilite a Roma provenienti da ogni parte del mondo, generando lì una prole. Alcuni di questi rami di discendenza dopo un po’ si sono estinti, altri sono andati avanti nel tempo. D’altro canto, nel corso dei secoli anche molti romani si sono spostati altrove, facendo figli, tra l’altro.

In sintesi, Roma è sempre stata una città aperta e cosmopolita, dall’età antica all’età moderna, con presenze che sono cambiate nel tempo in funzione dei suoi legami politici ed economici con le diverse regioni dell’area euro-mediterranea.

Approfondimenti

Per saperne molto di più sugli studi sul DNA antico e su cosa ci stanno permettendo di capire sulla nostra storia, si consiglia vivamente di leggere:

Adam Rutherford, Breve storia di chiunque sia mai vissuto. Il racconto dei nostri geni, Torino: Bollati Boringhieri, 2017;

Guido Barbujani, Europei senza se e senza ma. Storie di neandertaliani e di immigrati, Milano: Bompiani, 2021.

David Reich, Who we are and how we got here, Oxford (UK): Oxford University Press, 2018.

Bibliografia

Antonio 2019: Margaret L. Antonio e altri, Ancient Rome: A genetic crossroads of Europe and the Mediterranean, Science, 8 novembre 2019.

Coppa 2019: Alfredo Coppa, L’antica Roma era una città di immigrati, lo certifica il Dna, Repubblica, 8 novembre 2019.

Di Cori 2019: Arianna Di Cori, Quei meticci che fecero grande Roma, Repubblica, 8 novembre 2019.

Wade 2019: Lizzie Wade, Immigrants from the Middle East shaped Rome, Science, 8 novembre 2019.

19 settembre 2021 (ultima revisione 6 dicembre 2021)