Castel Campanile – Visitatori e studiosi

di Maria Luisa Sivori.

Vai alla scheda storica introduttiva su Castel Campanile.

I ruderi di Castel Campanile attirarono visitatori sin dagli inizi dell’Ottocento. Erano curiosi e studiosi, affascinati dalla solitudine del luogo e da ciò che restava della sua storia. Alcuni erano mossi dal semplice desiderio di comprendere cosa era stato quel posto un tempo. Altri erano attratti anche dalla possibilità di rinvenire antichi tesori d’arte.

I primi studi dell’Ottocento | Le ricerche del Novecento | Le ricerche recenti | Collegamenti | Note | Bibliografia

I primi studi dell’Ottocento

Castel Campanile conserva notevoli resti dell’abitato medievale, che fu studiato da storici, topografi e antiquari a partire dai primi del XIX secolo. L’abate Antonio Coppi, socio della Pontificia Accademia Romana di Archeologia, dà per primo notizia del sito archeologico, che si reca a visitare nel marzo 1815, trovando ancora in piedi le mura di una antica fortificazione medievale, posta sopra un colle isolato.[1] Lo studioso individua un unico accesso nel lato orientale dell’insediamento e riconosce il castello vero e proprio nella parte meridionale della collina.[2]

Accesso a Castel Campanile da sud-est, 2 dicembre 2006. Fotografia di Roberto Maldera.

Nella parte settentrionale del castello il Coppi identifica le rovine della chiesa e, fra queste, un frammento di poligono di marmo, su un lato del quale è presente la memoria della dedicazione, che faceva risalire il reperto e la chiesa all’anno Mille.

L’archeologo Antonio Nibby nel 1824 e nel 1832 inizia e poi porta avanti le esplorazioni nella tenuta, descrivendo il castro di area rettangolare di circa mezzo miglio di perimetro, cintato di massi parallelepipedi di tufo.[3]

L’archeologo Antonio Nibby. Da Wikimedia Commons.

Il Nibby ritiene di identificare il sito con la città di Artena dei Ceriti, distrutta fin dal tempo dei re di Roma e situata sul confine tra Veio e Ceri. Attribuisce all’epoca etrusca i frammenti di vasi dipinti rinvenuti nel quarto denominato il Castellaccio, mentre riferisce ad una villa di epoca imperiale i marmi e le scorniciature.

Del ritrovamento di sepolcri, ma già manomessi da tempo, di un vaso dipinto e di una tazza intera, oltre a frammenti vari, dà notizia nel 1831 Carlo Fea, avvocato e archeologo, Commissario delle Antichità, Presidente del Museo Capitolino, Accademico e bibliotecario della Chigiana, in un discorso all’Istituto di corrispondenza archeologica in Roma.[4]

Nel 1832 l’architetto Luigi Canina intraprende, a sua volta, una campagna di scavi, portando alla luce diversi vasi dipinti, alcuni interessanti e simili a quelli trovati presso le altre città dell’Etruria, della Magna Grecia e della Grecia stessa. Il ritrovamento avviene, secondo la testimonianza del Canina, in sette o otto tombe, costituite da un piccolo vano scavato nel tufo, disperse nella campagna.

Monumento a Luigi Canina a Casale Monferrato, città natale dell’archeologo e architetto che per primo condusse scavi archeologici a Castel Campanile. La statua è opera di Benedetto Cacciatori. Fonte: Wikimedia Commons.

Altre tombe più grandi scavate nel tufo, simili a quelle di altre località e riservate a personaggi ragguardevoli, sono rinvenute a ridosso delle mura del castello, a testimonianza, secondo lo studioso, di una grande popolazione nell’antichità e dell’importanza del luogo. Canina riferisce anche di «tracce di antiche abitazioni» sul colle del Castellaccio, forse resti di edifici del castello medievale di cui oggi non rimane nulla.[5]

Il topografo e archeologo britannico William Gell. Da: Wikimedia Commons.

Anche il Canina riesce a vedere l’iscrizione sacra, già comunicata dall’Abate Coppi, dedicatoria nell’anno Mille di una piccola chiesa.

Il Canina nega, però, che il Castellaccio potesse essere Artena, considerandolo solo una stazione di posta per le persone che si recavano ai vicini bagni sulfurei. Il Canina probabilmente di riferisce alla vicina solfatara, dalla quale tuttavia attualmente esalano gas venefici.

William Gell, diversamente da Nibby, non crede che Castel Campanile sia da identificare con Artena. Questa era situata al confine tra il territorio di Caere e di Veio, mentre Castel Campanile, argomenta Gell, si trova molto vicino alla prima e troppo lontano dalla seconda e quindi nel pieno del territorio cerite. Una localizzazione di Artena più plausibile, a giudizio dello studioso britannico, è Boccea, presso il fiume Arrone.[6]

Scarne sono le notizie che George Dennis ci fornisce su Castel Campanile, in merito al quale si limita a riportare le considerazioni, peraltro non condivise, degli archeologi Nibby e Gell sull’antica Artena.[7]

Le ricerche del Novecento

Lo storico e topografo Giuseppe Tomassetti, nella sua opera “La Campagna Romana”, concorda con il Nibby nell’identificazione dell’antica Artena dei Ceriti con Castel Campanile. Il Tomassetti, coadiuvato dal figlio Francesco, descrive il Castellaccio in posizione “fortissima” specialmente dal lato nord-ovest a quaranta metri a picco sulla valle e sul fosso del Tavolato, mentre in altri tratti la roccia serve da cinta. Il Tomassetti riconosce i segni del paziente lavoro di adattamento esercitato sulla collina tufacea dalle comunità umane insediatesi nel luogo per migliorarne le naturali caratteristiche difensive, sin dai tempi più remoti: all’estremità nord-est, infatti, scorge un accesso aperto nel banco di roccia.[8]

Thomas Ashby, archeologo e storico dell’arte britannico. Da Wikimedia Commons.

Il Tomassetti non vede i blocchi della cinta di cui parlava il Coppi, nel frattempo riutilizzati nel casale moderno. Egli colloca nella grande spianata meridionale la posizione della castello signorile, considerando la quota elevata e l’impianto delle mura. Nella parte a settentrione individua alcune torri, tre nel lato che domina la valle a nord-ovest e una nel lato opposto, quadrangolari, merlate e con feritoie.

All’estremità settentrionale, ma fuori delle mura, ritiene dovesse essere situata la chiesa di cui ritrova soltanto un muro perimetrale, ai cui piedi i Tomassetti rinvengono due frammenti di un’ara di marmo sulla quale leggono iscrizioni differenti da quelle del Coppi. Anche il Tomassetti sottolinea l’importanza della datazione all’anno Mille della chiesa.

Alla fine degli anni Venti, Thomas Ashby, insigne studioso della British School at Rome, interviene nel dibattito tra Nibby e Gell, affermando di non aver visto a Castel Campanile nulla di anteriore al Medioevo, a parte la scultura già citata dal Coppi. Anche Ashby segnala la presenza dell’altare con la scritta dedicatoria dell’anno Mille.[9]

Di grande importanza le indagini condotte negli anni Trenta da Dorothy Kent Hill della Walters Art Gallery di Baltimora.[10] La studiosa è attirata allo studio della ceramica greca ed etrusca dalla presenza nella Galleria di tredici vasi contrassegnati con le targhette “Castel Campanile – 1837”, pervenuti in possesso di Mr. Walters direttamente dalla collezione raccolta da Don Massarenti nel Palazzo Accoramboni in Roma.

Dorothy Kent Hill, archeologa e storica dell’arte statunitense. Fonte: Randall 1977.

La Kent Hill è sorpresa e incuriosita dalla circostanza che la località di Castel Campanile sia totalmente sconosciuta agli studiosi, non avendone trovato traccia in alcuna mappa archeologica o nelle migliori bibliografie dell’archeologia italiana in suo possesso. Solo successivamente e con l’aiuto del Prof. Van Buren dell’Accademia Americana in Roma riesce a localizzare il sito, che si reca a visitare nel 1938 e nel 1939.

In quegli anni la Kent Hill conduce il primo studio topografico sistematico di Castel Campanile e ne realizza la prima planimetria, anche se parziale, in quanto interessata principalmente a quella parte della castellina nella quale si trovano le grotte, che ritiene fossero tombe.

Tuttavia, la studiosa non è in grado di attribuire i vasi alle supposte tombe, alcune sparse ed altre non più integre.

Nel corso delle esplorazioni e delle campagne di scavi la Kent Hill individua una strada scavata nella roccia che attraversava il pianoro lungo l’asse nord-sud, nei pressi della quale segnala ambienti a camera semplice e altri costituiti da due stanze connesse fra loro e con doppia apertura sui due lati opposti, una sulla strada e l’altra sul ciglio della collina.

La prima planimetria, parziale, di Castel Campanile (il nord è in alto), realizzata da Dorothy Kent Hill. In neretto sono rappresentate le strutture murarie, in grigio le grotte situate nei lati est e ovest del pianoro. Fonte: Kent Hill 1938.

Altre grotte sulla collina, che pure ella considera tombe, consistono in semplici vani rettangolari, intagliati nella roccia. A suo parere, le tombe sarebbero risalite, per comparazione con quelle di Caere, al VI-IV secolo a.C., cioé alle prime popolazioni, che praticavano l’inumazione, piuttosto che ai romani dell’età imperiale, che preferivano la cremazione, anche se esse non erano riconducibili a nessuna delle tipologie individuate nelle necropoli etrusche ceretane. Lungo la strada e ovunque nel pianoro la Kent Hill nota numerosi pozzetti circolari (pithoi), col tempo riempitisi di terra, che a suo parere erano impiegati come depositi granai.

Quanto alle mura, la Kent Hill ritiene che esse fossero state realizzate tutte nel Medioevo, in varie fasi costruttive. I blocchetti di tufo del paramento murario della porta di accesso a sud-est, a suo parere, erano stati tagliati da scalpellini medievali a partire da blocchi più grandi risalenti al periodo etrusco.

La Kent Hill è convinta che l’abitato sia etrusco, anche se riconosce che è impossibile stabilire quando furono scavate originariamente le grotte, ripulite del loro contenuto nel tempo, per essere rimodellate e riusate in epoca medievale. La Kent Hill giunge alle sue conclusioni sulla base di una valutazione d’insieme della topografia del luogo. Secondo la studiosa le varie opere scavate nella roccia – la strada che attraversa il pianoro, i pozzi e le grotte – furono realizzate l’una in relazione alle altre secondo un disegno unitario e, quindi, sono da considerare contemporanee. La Kent Hill osserva che tutte le opere scavate si trovano nella parte settentrionale della collina, mentre sono assenti nella estremità meridionale, la parte più facilmente difendibile della collina, resa inaccessibile da pareti di roccia a strapiombo per tre lati. Le opere scavate nella parte settentrionale dovevano essere state realizzate per servire l’area meridionale, nella quale ella ritiene fosse situato l’antico centro abitato etrusco.

Castel Campanile secondo De Rossi: A indica l’area del castello (che De Rossi chiama ‘rocca’), B l’area del borgo fortificato, cui si accede da nord attraverso una porta difesa da torri; A è separata da B da una porta; B’ indica il resto del borgo fuori dalle mura, C la chiesa, di cui De Rossi segnala resti di muratura. La Kent Hill indagò le aree A e B. Cartina basata sullo schizzo planimetrico in De Rossi 1981, p.161.

La Kent Hill ritiene, inoltre, che la presenza di tanti bei vasi greci nei pressi di un piccolo abitato rurale non fosse casuale, ma trovi una spiegazione nella particolare posizione geografica di Castel Campanile, situata lungo il reticolo viario che da est a ovest collegava il mare e Cere con l’entroterra e Veio, un’altra grande città etrusca. Ciò è in accordo con il passo di Livio, nel quale la citazione della città Artena in posizione intermedia tra Cere e Veio segnala che la campagna tra queste antiche metropoli era tutt’altro che spopolata. La Kent Hill, peraltro, non sembra attribuire una importanza decisiva alla questione dell’identificazione di Castel Campanile con Artena.

Raniero Mengarelli annota Castel Campanile fra i ‘pagi’ del territorio cerite e descrive una strada etrusca profondamente intagliata nel tufo, nonché un immenso “colombario” di età medievale sul costone di Pizzo del Prete. Successivamente nel 1941 cita dei tratti delle “antiche mura di cinta etrusche” e rileva che “il sepolcreto, del quale non poche tombe a camera, anche di qualche interesse, ancora visibili, si doveva estendere sui clivi e sugli altopiani contigui”.[11]

Giovanni De Rossi, in un suo lavoro pubblicato nei primi anni Ottanta, riprende sinteticamente il discorso su Castel Campanile, fornendo la prima, seppur sommaria, pianta complessiva dell’abitato medievale. Lo studioso segnala due fossati, che dividono l’abitato in tre parti. Il primo fossato è posto a difesa della porzione meridionale del pianoro, che anche il De Rossi ritiene fosse il castello. Nelle mura medievali della rocca lo studioso riconosce in grossi blocchi di tufo i riutilizzi di una precedente fase costruttiva etrusco-romana. Il secondo fossato difende il nucleo di quello che lo studioso considera il borgo, che occupa la parte centrale del pianoro. Il De Rossi colloca il resto dell’abitato e la chiesa nella parte settentrionale.[12]

Le pareti rocciose del lato est della parte meridionale della castellina tufacea di Castel Campanile. Si noti l’assenza di grotte. Sulla destra i resti della porta di accesso a sud-est, 8 marzo 2008. Fotografia di Roberto Maldera.

Le ricerche recenti

Alla fine degli anni Ottanta, il Consiglio Nazionale delle Ricerche inserisce Castel Campanile tra i siti archeologici di maggior interesse del territorio cerite. Lo studio riprende l’impostazione topografica del De Rossi e presenta una precisa ricostruzione bibliografica delle ricerche che hanno riguardato il sito, concludendo che la mancanza di una esplorazione sistematica del territorio di Castel Campanile non consente la soluzione dei problemi dibattuti dagli studiosi fino a quel momento.

Particolare della muratura della torre posta a difesa della porta che mette in comunicazione l’area del castello (zona A) con il borgo (zona B). Si notino i grossi blocchi d tufo che alcuni studiosi hanno interpretato come pertinenti a una fase costruttiva etrusco-romana, 6 aprile 2008. Fotografia di Roberto Maldera.

Nell’ambito di una ricerca nel territorio cerite situato tra i comuni di Fiumicino e Ladispoli, Flavio Enei riesamina la questione di Castel Campanile.[13] Una serie di blocchi squadrati tufacei di varie dimensioni, che hanno fatto pensare sin dall’epoca del Nibby ad un abitato etrusco, secondo Enei sono probabilmente relativi ad una muratura a secco della prima fase edilizia medievale nel lato sud della porta del castello. Copioso è il riuso di materiale edilizio o relativo a infrastrutture e monumenti funerari, ricavato da numerosi insediamenti romani della zona. Il rinvenimento di numerosi frammenti di Forum Ware, una particolare ceramica medievale diffusa a Roma e nel Lazio prima dell’anno Mille, rialzano la data di fondazione del castrum almeno al IX o al X secolo.

Anche Enei riprende la pianta del De Rossi per inquadrare topograficamente l’abitato medievale. Lo studioso sottolinea come la mancanza di una documentazione archeologica certa mantiene aperto il problema delle origini etrusche dell’abitato, anche per la difficoltà di datazione dei tratti di mura presso la porta del castello. A suo giudizio, in base agli sporadici frammenti ceramici nella sottostante valle del fosso del Tavolato può essere lecito supporre una presenza in epoca etrusca molto limitata per estensione topografica e cronologica, non un grande centro abitato.

L’estremità meridionale della collina di Castel Campanile vista da sud. Anche questo lato è privo di grotte, 2 dicembre 2006. Fotografia di Roberto Maldera.

Come abbiamo visto, le ricerche condotte da vari studiosi rendono molto probabile l’esistenza di una chiesa nell’area del pianoro nella quale si trovava il borgo. Recentemente il Valentini ha dedotto che si tratti della chiesa di S. Lorenzo presso Castel Campanile, che il Silvestrelli sostiene sia stata dei Templari.[14] Secondo il Valentini da S. Lorenzo doveva dipendere una tenuta nel territorio di Castel Campanile.[15] Sulla base di ciò alcuni raggiungono la conclusione che l’intero castello sia stato, almeno per qualche tempo, sotto il controllo dell’ordine templare.

Collegamenti

Dalle origini all’abbandono

La storia dell’abitato di Castel Campanile, situato nel comune di Fiumicino, dalle origini, alla trasformazione in castello nel Medioevo, ai trasferimenti di proprietà da una famiglia nobile romana all’altra, fino all’abbandono.

Dorothy Kent Hill

Archeologa e storica dell’arte, Dorothy Kent Hill fu curatrice della collezione di arte classica della Walters Art Gallery di Baltimora negli USA per quarantadue anni. Alla fine degli anni Trenta del Novecento, venne in Italia per studiare l’origine di alcuni vasi greci ed etruschi della collezione a lei affidata, provenienti da Castel Campanile, che si trova nel territorio del comune di Fiumicino.

Il territorio

La storia di Castel Campanile è condizionata dalle caratteristiche del suo territorio. Un tempo quest’area era coperta dalle acque marine. Con l’emersione del fondale marino, l’attività vulcanica e i corsi d’acqua la trasformarono ancora. Nel Medioevo fu costituita una tenuta agricola richiamata in atti e carte catastali antichi e il cui nome ricorre nei toponimi fino ai giorni nostri.

Il castello e il suo borgo

I ruderi dell’insediamento medievale di Castel Campanile sono adagiati su una collina allungata e piatta nella sommità. Dell’antico abitato rimangono scarni tratti delle mura e i resti di alcune torri, i fossati difensivi, le grotte e le tracce delle sue chiese. I Templari gestirono una piccola tenuta agricola confinante con il territorio di Castel Campanile.

L’insediamento rupestre

L’insediamento abitativo medievale di Castel Campanile è costituito da numerose grotte scavate nel tufo. In queste grotte vivevano le persone, erano ricoverati gli animali e riposti gli attrezzi da lavoro. Accanto alle grotte, sono presenti altre cavità artificiali realizzate per vari scopi.

Le costruzioni in muratura

Intorno all’anno 1200 l’abitato rupestre di Castel Campanile, così come molti insediamenti in quel periodo, si munisce di una cinta muraria turrita di cui sono visibili numerosi resti. Sia il castrum vero e proprio che il borgo sono fortificati.

Note

1 Coppi 1836.

2 Nell’uso comune con rocca è indicata la parte meglio difesa dell’abitato, posta in posizione dominante rispetto al resto dell’insediamento, come l’acropoli nelle città antiche, mentre castello è un termine generico derivante dal latino castellum che indica un centro fortificato dotato di mura e torri. Nel linguaggio tecnico degli esperti di fortificazioni si preferisce destinare il termine castello a quella parte fortificata dell’insediamento nella quale risiede il vertice militare e amministrativo ed è alloggiata la guarnigione, mentre con rocca è indicato un tipo specifico di fortificazione esclusivamente militare quattrocentesca. L’area abitata da contadini, artigiani e commercianti e dalle loro famiglie, se difesa da mura e torri, è denominata borgo fortificato. Si veda il glossario dell’Istituto Italiano dei Castelli.

3 Nibby 1837, Tomo I, pp. 273-274, 426-427.

4 Fea 1832.

5 Canina 1832; Canina 1846, pp. 163-165.

6 In una sua carta, Gell definisce regio non satis explorata (“regione non esplorata a sufficienza”) l’area a est di Cerveteri, al centro della quale colloca le rovine di Castel Campanile, indicate come di consueto con il toponimo “Castellaccio”. Al sito è attribuito il termine urbs antiqua. Si veda Gell 1846, pp. 110, 160, 162-163, richiamato da Hill 1938, pag. 120.

7 Dennis 1878, p.284 e n.8 nella stessa pagina.

8 Tomassetti 1910-1926, vol.III p.533-537.

9 Ashby 1927, p.228.

10 Hill 1938.

11 Nardi 1988.

12 De Rossi 1981, pp. 161-164.

13 Enei 2001, p.83 e pp. 230- 233.

14 Silvestrelli 1917.

15 Valentini 2007.

Bibliografia

Ashby 1927: Thomas Ashby, The Roman Campagna in Classical Times, Londra 1927. L’edizione consultata è stata pubblicato da Ernst Benn Limited a Londra nel 1970.

Canina 1832: Luigi Canina, Scavi etruschi, in Bullettino dell’ Instituto di corrispondenza Archeologica n° V, Maggio 1832, pp.105 – 106. Il testo è consultabile in https://books.google.it.

Canina 1846: Lugi Canina, L’ antica Etruria marittima, Reverenda Camera Apostolica, Roma 1846, pp. 163-165.

Coppi 1836: Antonio Coppi, Ceri, Cerveteri e Castel Campanile, dissertazione letta dal socio ordinario Antonio Coppi nell’adunanza tenuta il 3 aprile 1834, in: Dissertazioni della Pontificia Accademia Romana di archeologia, tomo VII, Roma: dalla Tipografia della R.C.A., 1836, pp. 342-346. Il testo è consultabile in https://books.google.it.

Cristofani 1988: Mario. Cristofani, Giuliana Nardi, Maria Antonietta Rizzo, Caere I – Il Parco archeologico, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Roma 1988.

De Rossi 1981: Giovanni Maria De Rossi, Torri medievali della Campagna Romana, Roma: Newton Compton, 1981.

Dennis 1878: George Dennis, The Cities and Cemeteris of Etruria, London: John Murray, 1878. Il testo è consultabile in https://books.google.it. L’opera è stata stata pubblicata in italiano dall’editore Nuova Immagine di Siena nel 2015, tradotta dall’inglese da Domenico Mantovani.

Enei 2001: Flavio Enei, Progetto Ager Caeretaus. Il litorale di Alsium, Santa Marinella: Tipografia GIMAX, 2001.

Fea 1832: Carlo Fea, Storia dei vasi fittili dipinti che da 4 anni si trovano nello stato ecclesiastico in quella parte che è nell’antica Etruria colla relazione della colonia lidia che li fece per più secoli prima del dominio dei romani. Discorso all’Istituto di corrispondenza Archeologica in Roma, in: Opere, di Carlo Fea, Francesco Girolamo Cancellieri, Giuseppe Antonio Guattani, Ludovico Linotte, Roma, 1832, p.44.

Gell 1846: William Gell, Edward Herbert Bunbury, The Topography of Rome and its Vicinity, London: H.G. Bohn, 1846, pp. 110, 160, 162-163. Il testo è consultabile in https://books.google.it.

Kent Hill 1938: Dorothy Kent Hill , Castel Campanile and its pottery, The Journal of the Walters Art Gallery, vol. I, Baltimore, Maryland, 1938, pp. 111 e sgg. La rivista è online dal 2020 come The Journal of the Walters Art Museum.

Nardi 1988: Giuliana Nardi, Castel Campanile, in Cristofani 1988, pp. 49-53.

Nibby 1837: Antonio Nibby, Analisi storico-topografico-antiquaria della Carta dei dintorni di Roma – in 3 tomi, Roma: Tipografia delle Belle Arti, 1837.

Randall 1977: H. Randall Jr., Dorothy Kent Hill, The Journal of the Walters Art Gallery, Vol. 36, Essays in Honor of Dorothy Kent Hill (1977), pp. iv-vi (3 pages), https://www.jstor.org/stable/20168940.

Silvestrelli 1917: Luigi Silvestrelli, Le chiese e i feudi dell’ordine dei Templari e dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme nella regione romana, Rendiconti della Reale Accademia dei Lincei, Serie quinta, vol. XXVI, Roma, 1917, pp. 491 e sgg.

Tomassetti 1910-1926: Giuseppe Tomassetti, La Campagna Romana, 4 voll., Roma, 1910-1926, ristampato da Arnaldo Forni Editore nel 1976.

Valentini 2007: Enzo Valentini, Le tenute agricole dei templari romani, visto il 09.09.2007 nel sito web “Medioevo.Roma”, http://www.medioevo.roma.it, il 25.09.2020 reperibile alla pagina http://www.medioevo.roma.it/html/contributi/valentini01.htm.

26 settembre 2020 (ultima revisione: 4 ottobre 2020).